“BTN è Baia Terra Nova, un piccolo frammento d’Italia a 74°41′ S – 164° 03’E, che si risveglia ogni anno durante i mesi dell’estate australe, scandendo il ritmo delle diciannove spedizioni susseguitesi ininterrottamente dal 1985 sino ad oggi. La mia marcia di avvicinamento a BTN ha preso il via lo scorso Ottobre dalla città neozelandese di Christchurch, vera e propria “portaerei” verso l’Antartide, non solo per i padroni di casa, ma anche per noi italiani e per gli americani, che da qui gestiscono le loro operazioni verso le basi di McMurdo e di South Pole Amundsen Scott, la stazione USA a 90°S. Era il febbraio del 2001 quando, due spedizioni fa, mi imbarcai su una nave francese per lasciare il continente polare, che avevo raggiunto alla fine di dicembre, navigando per quattordici giorni tra gli iceberg con la nostra nave oceanografica. Un ritorno, dunque, eppure un’impressione di “prima volta” per la novità dell’arrivo diretto in volo, atterrando sul ghiaccio di quel mare che prima avevo navigato, nonché con la prospettiva, per me meteorologo, di trascorrere quaranta giorni confrontandomi operativamente con una climatologia completamente diversa da allora.”
Con queste parole, nel 2004 iniziavo il racconto della mia seconda esperienza in Antartide per gli amici del R.C Lambro Napoleon di Milano e per la rivista del Distretto 2050. Trascorsi oramai più di dieci anni, ecco nuovi amici rotariani e l’occasione di riportare alla luce memorie comunque mai sbiadite, non solo per l’abbondanza di immagini e filmati che sicuramente aiutano, ma perché quella antartica è un’esperienza che lascia un segno profondo sia a livello professionale che umano.
Per una sera, i soci del R.C. Roma Castelli Romani hanno quindi condiviso le attività che ogni anno, nei mesi di apertura tra la primavera e l’estate australi, ruotano intorno alla base ora intestata a Mario Zucchelli, indimenticato fondatore del nostro Programma Antartide. Dopo poche parole descrittive del continente antartico, delle particolari condizioni di “extraterritorialità” assicurate dal Trattato Antartico e dei suoi record geofisici (la famosa temperatura di -90°C o il terribile “vento catabatico”, che soffia a oltre 150 km/h), i pochi minuti a disposizione sono tuttavia stati sufficienti per descrivere un luogo dove le giornate si susseguono frenetiche, con unici tempi morti ammessi quelli imposti dalle condizioni atmosferiche.
Una quotidianità scandita dalle attività a supporto del personale scientifico, accompagnato in volo nelle località desiderate e successivamente recuperato al termine delle proprie attività, sempre perfettamente conscio che “si sa quando si esce ma non si sa quando si torna”. Un improvviso peggioramento delle condizioni meteorologiche potrebbe infatti ritardarne o addirittura impedirne il recupero ed il personale, cui in esterno base non deve mai mancare la borsa di sopravvivenza, deve essere in grado di sopravvivere isolato anche per qualche giorno. Ecco perché la prima esperienza in Antartide è sempre preceduta da un apposito corso di selezione ed addestramento, con un campo in quota sulle Alpi per simulare le condizioni polari.
Ma anche in questo clima così “speciale” non mancano giornate più “speciali” delle altre. Dall’aeroporto neozelandese di Christchurch decolla un Hercules, aereo da trasporto quadrimotore, che garantisce circa una decina di collegamenti con Baia Terra Nova, sette ore di volo che permettono gli avvicendamenti del personale e i rifornimenti logistici dal momento dell’apertura della base fino a circa la metà di dicembre. Le operazioni sono infatti limitate al periodo di presenza del pack, la superficie marina ghiacciata antistante la base, che al termine dell’inverno australe ha ancora uno spessore di circa due metri, tale cioè da poter essere utilizzato come un vero e proprio aeroporto, ricavandovi una pista lunga circa due chilometri e mezzo. L’Ice Runway di Baia Terra Nova è difatti una delle piste su ghiaccio marino che vengono sistematicamente realizzate ogni anno in Antartide, potendo la nostra baia offrire le giuste condizioni climatiche per generare, al momento della glaciazione, venti e correnti che, allontanando dalla costa tutti gli iceberg, consentono il formarsi di nuovo ghiaccio completamente liscio e con spessore adeguato. La rottura del pack, provocata dall’innalzamento di temperatura per l’approssimarsi della stagione estiva, pone termine alle possibilità d’impiego dell’Hercules su Baia Terra Nova.
Dal momento della rottura del pack, le attività aeree saranno assicurate solo dagli altri mezzi in dotazione al Programma Antartide, ovverosia gli elicotteri per le operazioni a breve raggio e i bimotori che, operando su carrello dotato di sci, garantiscono i collegamenti intercontinentali verso le altre basi o verso le nostre postazioni esterne, potendo infatti operare praticamente in qualunque punto del continente ove esista una striscia di ghiaccio libera da ostacoli. Durante la seconda parte di spedizione, nel pieno dell’estate antartica, sono invece le operazioni navali a caratterizzare l’operatività della base, prima di tutto con l’attesa per l’arrivo dell’Italica, la nostra nave da cargo e oceanografica, insostituibile per il trasporto di container e altri carichi pesanti.
La componente meteorologica assume dunque un’importanza fondamentale a supporto di tutte queste operazioni, in una terra di estremi come l’Antartide, in un ambiente che non manca mai di riempirti gli occhi e la mente, dove tutto è di un ordine di grandezza superiore a ciò a cui si è abituati. La manutenzione di una stazione meteorologica richiede uno spettacolare volo in elicottero di oltre un’ora, la risalita in elicottero di un intero ghiacciaio lungo decine di chilometri, per arrivare proprio al bordo del plateau, l’altopiano centrale antartico, un’immensa e spaventosamente affascinante distesa di ghiaccio senza fine e senza il minimo rilievo. È come soffrire di vertigini e sentirsi chiamati verso il basso quando si sta sull’orlo di un precipizio; per qualche secondo si percepisce l’impulso irrefrenabile di incamminarsi verso l’interno, come per essere verificare di persona che “al di là” non ci sia proprio nulla!
Ma il volo che rimane decisamente negli occhi è quello verso Cape Washington, uno sperone di roccia nera a picco sugli iceberg intrappolati nel mare ghiacciato, a meno di un’ora di volo da Baia Terra Nova. Cape Washington è soprattutto la sede di un’enorme colonia di pinguini imperatore, sono oltre trentamila (la stima è per difetto…), distribuiti in gruppi circolari di qualche migliaio di individui, come le tante tribù di un’unica nazione, con i cuccioli radunati nelle nursery, gli “asili nido” guardati a vista dagli adulti, che si danno il cambio per urlare se qualche intruso si avvicina un po’ più del consentito. Ma i pinguini sono per lo più animali curiosi e gli altri adulti, dopo qualche perplessità, non scappano più, anzi sono loro a venire incontro: ci si sente come se si fosse sbarcati su un altro pianeta, ospiti alieni che i locali accolgono con benevolenza, sotto un cielo di nubi basse che cancella le ombre, contribuendo a conferire un aspetto da fantascienza al panorama.
Durante il racconto non sono mancati gli accenni alla quotidianità della vita in base, anche se a Baia Terra Nova è abbastanza difficile una “giornata tipo”, poiché gli unici riferimenti fissi e comuni a tutti sono gli orari dei pasti, il pranzo intorno alle 13 e la cena intorno alle 20 (e poi come si fa a parlare di “giornata” quando il sole non tramonta mai?). A corollario, le immagini dei momenti di vita in comune: la cucina, la mensa, le camerate, i laboratori, i momenti di svago e la festa dello “spinguinamento”, il battesimo dei novizi antartici da parte dei veterani di spedizione. La base è come un piccolo paese, piccolo ma felice, che ti lascia la consapevolezza del “mal d’Antartide”, la certezza di aver preso parte ad un qualcosa che ha finito con il segnare la tua vita per sempre.