È stata inaugurata da qualche tempo alle Scuderie del Quirinale l’esposizione dedicata a Frida Kahlo (1907-1954), l’espressiva pittrice messicana e l’idea di dedicarle una serata si è fatta velocemente strada nella mente del nuovo Presidente che, il 10 luglio 2014, ha organizzato una visita guidata e a seguire una cena nel prestigioso Circolo Ufficiali.
Un abbinamento vincente quello dell’arte e della convivialità, che ci ha permesso di trascorrere una serata veramente piacevole.
La mostra è stata a dir poco particolare: oltre 40 straordinari capolavori esposti, provenienti da numerosi musei e collezioni private, tra cui il
celeberrimo Autoritratto con collana di spine, per la prima volta in Italia. Non si può non rimanerne affascinati. La pittura di Frida Khalo è simbolica e realistica insieme, esprime il dolore di un corpo devastato, dalla malattia prima, da un incidente poi, ma anche la voglia di vivere di chi la vita la ama appassionatamente.
Certo, la pittrice messicana usò la pittura per raccontare se stessa, e nel farlo raccontò anche la disabilità. Mostrò il suo corpo sanguinante, ferito, ingabbiato negli apparecchi ortopedici, in frantumi, in lacrime, sorretto dalle stampelle o trasportato con la sedia a rotelle. Ma in tutte queste rappresentazioni Frida non abbassò mai lo sguardo, non smise mai di fissare lo spettatore. C’è uno sdoppiamento, un dualismo psicologico tra la Frida che soffre e la Frida che guarda.C’è uno sguardo che non cede, che non consente di ridurre la persona al suo dolore, neanche quando è proprio il dolore il messaggio più esplicito dell’opera.
Non si può comprendere l’opera di quest’artista senza conoscere la sua vita. Magdalena Carmen Frida Kahlo y Calderón diceva di essere nata nel 1910, mentre in realtà era nata a Coyoacán (Città del Messico) il 6 luglio 1907. Mentiva sull’età, non per vezzo ma perché amava considerarsi una figlia della rivoluzione messicana che, iniziata nel 1910, terminò nel 1917, con la promulgazione ufficiale di una nuova costituzione, e trovò in Pancho Villa ed Emiliano Zapata i suoi eroi popolari.
Nel 1913, a sei anni, Frida si ammalò di poliomielite riportando danni irreversibili alla gamba destra. Nonostante lei stessa attribuisse a questo evento l’origine dei suoi mali, in realtà pare che sin dalla nascita fos
se affetta da spina bifida. Una malattia che l’aveva portata a camminare tardi e le aveva arrestato lo sviluppo della gamba destra. Una scoliosi le procurava dolori continui e i rilevanti problemi circolatori la portarono prima all’amputazione delle dita dei piedi, e più tardi, nel 1953, a quella della gamba destra.
Il 17 settembre 1925, all’età di diciotto anni, Frida rimase vittima di uno spaventoso incidente nel quale restò gravemente ferita. Riportò diverse fratture alla colonna vertebrale, al bacino e al piede destro. Un tubo di metallo le trapassò il ventre. Trascorse un lungo periodo in ospedale sospesa tra la vita e la morte. I postumi dell’incidente si fecero sentire per il resto della vita costringendola a numerosi interventi chirurgici.
Nel 1929 si sposò con Diego Rivera, uno dei grandi maestri del muralismo messicano. La madre di lei paragona l’unione a quella tra un elefante e una farfalla: lui, che ha il doppio dei suoi anni, del suo peso e della sua esperienza e che è già al terzo matrimonio, la sottopone quasi da subito alle pene della gelosia.
La loro storia d’amore fu molto tormentata e burrascosa a causa della continua infedeltà di lui (che riuscì a tradirla anche con Cristina, una delle sorelle di lei). Frida, che scrive nel suo diario …ho avuto due gravi incidenti in vita mia: il primo quando un tram mi mise a tappeto, l’altro fu Diego…. inizialmente subì, poi iniziò a tradirlo a propria volta sia con uomini, che con donne. Eppure, nonostante tutto, Diego Rivera rimase per Frida il grande amore della sua vita. Con lui condivise la passione per l’arte, l’orientamento politico e un affetto reciproco capace di persistere anche nei momenti più critici del loro rapporto.
Lei aveva ventidue anni, lui quarantadue e il loro rapporto durò venticinque anni, fino alla morte di lei, con la pausa di un anno di divorzio tra il 1939 e il 1940 nel quale dipinse uno dei suoi quadri più famosi «Le due Frida», espressione del dolore per il divorzio da suo marito.
In quest’opera la dualità che caratterizza la sua persona è ancora più esplicita: Frida si rappresenta due volte. C’è la Frida lasciata da Rivera, vestita con un abito bianco macchiato di sangue, con in mano una pinza emostatica anch’essa sanguinante. E c’è la Frida amata da Rivera, vestita con abiti messicani colorati, che tiene in mano un piccolo medaglione raffigurante Diego bambino. Le due Frida non si guardano, ma si tengono per mano e sono sedute sulla stessa panchina, hanno entrambe il cuore esposto e sono legate da una vena che collega il cuore sano della Frida amata, al cuore malato della Frida lasciata.
Nel 1944, quando aveva trentasette anni, Frida dovette indossare un busto d’acciaio. Questo episodio la portò a dipingere un altro dei suoi quadri più noti, «La colonna spezzata».
In tale opera, il tronco di Frida è imprigionato in un busto d’acciaio che ne impedisce i movimenti e che al contempo lo tiene insieme. Dal collo in giù parte uno squarcio che lascia intravedere una colonna classica, spezzata in più punti, che sostituisce simbolicamente la colonna vertebrale ormai deteriorata. Una miriade di chiodi sono conficcati nel suo corpo nudo. Le lacrime sgorgano silenziose ma i lineamenti non sono quelli di una persona piangente, lo sguardo è fermo.
Dal 1951, aveva quarantaquattro anni, iniziò ad usare la sedia a rotelle e nel 1953, quando il suo Paese le dedicò una mostra personale, Frida stava così male che vi si recò in ambulanza e accolse gli ospiti sdraiata nel proprio letto a baldacchino, che per l’occasione era stato portato nella galleria espositiva. Fu un successo.
Frida morì a Coyoacán il 13 luglio 1954, nella stessa casa – la casa azzurra – che le aveva dato i natali e che oggi è divenuta il Museo Frida Kahlo. Aveva quarantasette anni.
La produzione pittorica di Frida Kahlo è ricca di autoritratti e lei stessa spiegò i motivi di questa scelta: Il dolore non è parte della vita, può diventare la vita stessa. Non sono malata. Sono rotta. Ma sono felice, fintanto che potrò dipingere. Dipingo me stessa perché trascorro molto tempo da sola e perché sono il soggetto che conosco meglio.
Uno dei più enigmatici è l’Autoritratto con collana di spine e colibrì, che risale al 1940. La corona di spine diventa una collana che cinge il collo e provoca ferite sanguinanti. Queste ferite suscitano una sensazione di angoscia che tuttavia non trova un corrispettivo nello sguardo di Frida che continua a guardare impassibile davanti a sé.
La sua opera può essere definita come una sorta di autobiografia pittorica. Usò la pittura per raccontare le sue sensazioni, i suoi sentimenti e i suoi stati d’animo. Rappresentò i momenti significativi della sua vita. La sua nascita, l’allattamento, gli aborti, i dolori che i suoi problemi di salute le provocavano, la sua famiglia, il suo rapporto col marito Diego Rivera, la paura della morte, il suo legame col proprio Paese e con l’ideologia comunista, e molti altri ancora.
Creò un linguaggio figurativo talvolta semplicemente realistico, altre volte arricchito da elementi simbolici, surreali e fantastici, senza tuttavia staccarsi mai completamente dalla realtà.
Uno dei quadri esposti più inquietanti è l’ Ospedale Henry Ford o Il letto volante, dipinto nel 1932, che esprime in modo emblematico la commistione tra elementi simbolici e reali.
Nel quadro Frida si rappresenta dopo un aborto, uno dei tre che ebbe durante uno dei sofferti soggiorni negli Stati Uniti nel corso dei quali ebbe tre aborti distesa su un letto d’ospedale sospeso in aria, col viso solcato di lacrime, nuda e sanguinante, con il ventre ancora rigonfio per la gravidanza sostenuta.
Sullo sfondo un paesaggio industriale desolato, quello di Detroit, luogo del doloroso evento. Attorno al letto, sei elementi simbolici, disposti in modo simmetrico, anch’essi sospesi in aria e collegati alla mano di Frida da cordoni rossi simili a vene.
Questi gli elementi: due raffigurazioni del bacino lesionato nell’incidente sull’autobus, il feto appena perduto, una lumaca (secondo alcuni simbolo della lentezza dell’aborto, secondo altri, come nelle culture indie, simbolo del concepimento), un macchinario dell’ospedale, e un’orchidea (simbolo del sentimento, ma anche il fiore che Diego le portò in occasione del ricovero).
Non si può rimanere indifferenti ad una mostra così: è stato un viaggio tra i caldi colori del Messico e la fortissima personalità della pittrice. Il potere che emana dai quadri che si susseguono nelle varie sale, è tangibile. Essi raccontano una vita reale e immaginaria insieme, toccano gli archetipi che sono dentro ognuno di noi e collegano ognuno di noi all’unico collettivo. Si esce emozionati, scossi da rappresentazioni crude e poetiche insieme, con la consapevolezza che Frida Kahlo è una delle più grandi pittrici del ‘900.
La mostra di Frida Kahlo alle Scuderie del Quirinale
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Terminata la visita culturale, ci si avvia a piedi al Circolo Ufficiali dove sul terrazzo, mentre i colori del tramonto avvolgevano la città, è stato servito un piacevole aperitivo nel chiostrino e, dopo il saluto alle bandiere e le comunicazioni del Presidente , nella sala del “caminetto” è stata servita la cena.
Il tavolo imperiale ha permesso ai commensali di conversare tra loro senza difficoltà e la serata si è conclusa con il gentile e gradito omaggio a tutti i presenti dell’avv. Giuseppe Guerreri, che si è adoperato per la felice organizzazione, di un libro afferente alla storia della villa “Savorgnan de Brazzà” che ospita il Circolo Ufficiali delle Forze Armate, di cui lui è socio.
La prima conviviale si è conclusa e ci lasciamo con il sorriso sulle labbra e la consapevolezza di aver passato una bella serata in compagnia di amici.
La cena al Circolo Ufficiali (delle forze armate italiane)