Arch. Francesco Petrucci
La presenza di Bernini a Castel Gandolfo si inquadra in un contesto più generale ché quello della presenza dei Papi a Castel Gandolfo e c’è una data fondamentale, il 1596, che segna il destino non solo della cittadina di Castel Gandolfo, ma di tutta l’area meridionale dei Castelli Romani perché i Papi precedenti per le loro villeggiature prediligevano la zona Tuscolana, quindi l’area della parte dei Castelli Romani più settentrionale.
Mentre nel 1596 avviene un fatto importante, i Feudo di Castel Gandolfo viene sequestrato dalla Camera Apostolica perché la Famiglia Savelli aveva raggiunto del condizioni di indebitamento molto forti.
I Savelli erano una grande famiglia romana che vantava due Papi, molti Cardinali e figure importanti nella storia di Roma.
Tra l’altro la famiglia Savelli deteneva anche la Corte Savelli con la Giurisdizione di tutti i delitti minori dello Stato Pontificio, quindi un potere enorme perché era un Tribunale privato.
Questa famiglia aveva le sue proprietà stanziate sulla Via Appia partendo dal Teatro Marcello, il così detto Monte Savello che era il fulcro della potenza romana e poi lungo la Via Appia c’erano molte tenute, feudi, casali, ville nelle grandi enormi proprietà.
Qui nella zona dei Castelli Romani, oltre a Castel Gandolfo, Monte Savello che si trova a valle di Albano, Ariccia e Albano, forse anche Castel Gandolfo, c’era anche Genzano per un breve periodo, quindi era una zona in cui la disgregazione economica della famiglia ha influito in maniera determinante per delle trasformazioni urbanistiche fortissime.
Quindi i Papi, prima Paolo Quinto ma poi soprattutto Urbano Ottavo e Alessandro Settimo hanno intrapreso una serie di interventi a livello urbanistico, a livello architettonico che hanno completamente trasformato Castel Gandolfo, ma hanno indotto una trasformazione anche del territorio limitrofo perché immediatamente dopo del 1661 i Chigi acquistano Ariccia, i Chigi sono la famiglia di Papa di Alessandro Settimo, Albano viene incamerato nel 1697 dalla Camera Apostolica e quindi anche Albano non è più Città Feudale, e quindi ci sono una serie di trasformazioni e la presenza di Ville dell’aristocrazia romana anche in questa parte dei Castelli Romani.
Il Papa che ha davo naturalmente l’impulso, che ha lanciato la trasformazione urbanistica di Castel Gandolfo inducendo anche dei cambiamenti radicali nel territorio è stato Urbano Ottavo.
Questo è un busto scolpito dal Bernini di Urbano Ottavo, scolpito proprio qui a Castel Gandolfo durante una villeggiatura papale all’inizio degli anni trenta.
Urbano Ottavo era poeta, amava molto l’arte, è stato uno dei grandi papi del Barocco romano.
Bernini è presente qui a Castel Gandolfo in vari momenti della sua professione, della sua vita, giovane negli anni trenta e poi successivamente con Alessandro Settimo.
Questo è un ritratto di Bernini della biblioteca apostolica vaticana con la croce dell’ordine di Cristo, era stato insignito da Gregorio quindicesimo per le opere che aveva fatto già poco più che ventenne.
Questo è uno dei ritratti importanti del Bernini che si trova al Museo degli Uffizi, è un ritratto che corrisponde grosso modo alle prime presenze del Bernini qui a Castel Gandolfo.
I Castelli Romani sono noti per la bellezza del clima e del paesaggio, ma è lo stesso Bernini che parla di Castel Gandolfo e spiega in una lettera che scrisse a Guidiccioni le motivazioni che avevano spinto Urbano Ottavo a venire qui.
Aveva escluso Tivoli perché troppo umida, i posti più belli di Frascati erano già stati occupati da altre ville, Albano era troppo intasato, dice Bernini “c’era troppa gente”, quindi non andava bene, andava bene Castel Gandolfo perché Urbano Ottavo aveva qui una propria piccola proprietà adiacente all’attuale Porta Romana.
Quindi Bernini stesso dice che Urbano Ottavo fece una serie di lavori così importanti che trasformò questo luogo in un poso straordinario per le villeggiature papali, tanto che Urbano Ottavo veniva qui due volte l’anno per circa venti giorni e ne tornava rinfrancato e rafforzato per i suoi numerosi impegni romani.
Il Palazzo Apostolico naturalmente è il fulcro delle iniziative di Urbano Ottavo, l’attuale Rocca si trova nel luogo dove c’era un fortilizio dei Gandolfi prima e poi della famiglia dei Savelli.
Urbano Ottavo chiama Carlo Maderno che all’epoca era Architetto della Reverenda Fabbrica di San Pietro, era il responsabile di tutte le maggiori imprese edilizie dello Stato Pontificio a Roma, di progettare una nuova sede, un nuovo Palazzo.
Quindi Maderno realizza questa progettazione che porta avanti fino all’ultimo, fino alla morte nei primi mesi del 1629, l’opera viene proseguita poi dai suoi stretti collaboratori.
Questo è un dipinto interessante di Claude Dorren che fa vedere Castel Gandolfo con il Palazzo Apostolico come si presentava ai tempi di Urbano Ottavo.
Questo è un disegno che si trova presso la Biblioteca Apostolica Vaticana e si vede il nucleo della proprietà di Urbano Ottavo che era appena fuori Porta Romana, il torrione di Porta Romana era una residenza di Urbano Ottavo quando era Cardinale, Maffeo Barberini acquisì delle proprietà limitrofe per la stalla e per ampliare questa proprietà che poi venne inglobata successivamente all’interno del Palazzo Apostolico.
Ma la prima presenza documentata del Bernini risale qui a Castel Gandolfo risale al 1633, io ho avuto la fortuna di rinvenire nell’archivio Barberini della Biblioteca Apostolica Vaticana circa trenta anni fa, quindi ero un giovane studente, di rinvenire un fascicolo di disegni che riguardano la Villa Barberini di Castel Gandolfo.
Tra questi disegni ce ne è uno dato dal Cavaliere Gian Lorenzo Bernini al Maestro di Casa del 1633 e si tratta dei progetti per la Villa Barberini.
La Villa aveva un nucleo preesistente costruito da Monsignore Visconti, vedete in questa immagine le piante di tre piani della villa che era ubicata dove oggi si trova la Villa Barberini, ma era una struttura più piccola che è stata poi inglobata nella trasformazione berniniana.
Questo è il disegno di cui parlavo dato dal Bernini al Principe Taddeo Barberini che era il nipote di Urbano Ottavo.
Infatti il Papa volle avere la propria famiglia vicino e Taddeo Barberini che era Prefetto di Roma, era nipote di Urbano Ottavo, acquistò una serie di proprietà che hanno formato poi tutto il complesso della Villa Barberini, tra cui le così dette Grotte di Albalonga che corrispondono al Cripto Portico della Villa di Domiziano.
Vedete, nella parte superiore, quadrata, corrisponde al Casino Visconti.
Bernini realizza una pianta a T e la prima idea era quella di un salone ovale come quello di Palazzo Barberini a Castel Gandolfo perché Bernini era subentrato a Maderno anche nella progettazioni, nella direzione dei lavori del Palazzo Barberini di Roma.
Questa soluzione poi non è stava adottata però la struttura è questa, questa è la struttura della Villa.
Questo è un altro schizzo che riguarda sempre la sistemazione della Villa e poi ci sono dei disegni molto interessanti che riguardano il parco, perché Bernini è stato anche un architetto paesaggista, è un aspetto poco noto della sua personalità, però si è occupato anche di giardini e in questo caso progetta con una serie di essenze arboree naturali, con una serie di percorsi che si inseriscono in maniera armonica nel paesaggio e soprattutto tra le rovine della Villa di Domiziano con una sensibilità nuova, una sensibilità pre romantica, sono tutti disegni che si trovano nell’archivio Barberini, adesso verranno pubblicati tutti quanti insieme a tutti gli altri disegni di Bernini della Biblioteca Vaticana in un grande volume.
Si occupa anche di studiare dei labirinti all’interno dei giardini della villa perché Bernini non modifica l’assetto della villa di Domiziano che è realizzata con dei terrazzamenti, ci sono tre grandi terrazzamenti e su questi terrazzamenti vengono progettati una serie di parterre, una serie di interventi architettonici che tutto sommato rispecchiano sotto certi aspetti anche l’assetto attuale che è dovuto alle trasformazioni della villa successive al 1929 quando, a seguito del concordato, il complesso delle ville pontificie passa al Vaticano.
Questi sono dei disegni molto interessanti che riguardano addirittura la balaustra, questa balaustra esistente che è stata disegnata da Bernini, ci sono queste prove grafiche molto importanti e poi questi sono tutti terrazzamenti della villa.
Bernini poi è documentato invece al servizio di Urbano Ottavo, quindi non del nipote ma a servizio della Camera Apostolica quando interviene disegnando il così detto “Portale Egizio”, che si trovava dove adesso c’è l’attuale ingresso dei giardini pontifici.
Questo portale che era veramente un’opera molto interessante, il disegno si trova a Winsor, fu demolito e oggi è rimasto soltanto il cancello che è stato rimontato all’ingresso della Villa Cibo.
Questa è una immagine, un acquerello che fa vedere il cancello, ci sono anche delle vecchie fotografie dei primi del novecento e poi nel 1929 è stato abbattuto.
Questa è una medaglia invece fatta coniare da Urbano Ottavo e ci dava un po’ l’idea di quello che era l’assetto del borgo prima degli interventi di Alessandro Settimo, è una medaglia del 1637 – 1638, si vede già la fontana di cui adesso parleremo in una posizione più vicina al corso e al vecchio oratorio di San Nicola che poi fu abbattuto.
Qui c’è un dettaglio e la fontana è praticamente come oggi la vediamo.
Vorrei premettere che non esiste uno studio approfondito su questa fontana, ci sono dei riferimenti molto superficiali e la tradizionale attribuzione al Bernini viene ripetuta da varie guide locali, ma senza entrare poi in un approfondimento reale sia dal punto di vista documentario che dal punto di vista stilistico.
Bernini naturalmente ci ha messo le mani su questa fontana, ma non tanto nel disegno della struttura formale, ma perché quando si occupo con Alessandro Settimo della sistemazione della piazza e di tutti i lavori che riguardarono Castel Gandolfo, la spostò portandola in una posizione più centrale e allontanandola dalla chiesa; ma la fontana in realtà rispecchia, ha un disegno dellaportiano di matrice cinquecentesca, dellaportiano perché l’Architetto Giacomo Della Porta è stato uno dei codificatori di tipologie architettoniche della seconda metà del cinquecento, ha fissato lo schema del Palazzo Romano, la facciata tipica della chiesa del seicento romano, del barocco romano e ha progettato anche una serie di fontane che hanno un po’ tutte la stessa struttura, cioè una grande vasca con una morfologia mistilinea, con uno stelo centrale, un balaustro centrale e poi sopra c’è una tazza da dove fuoriesce l’acqua che scende giù nella vasca quindi con uno scroscio e con un effetto sicuramente piacevole.
Sono numerose le fontane progettate a Roma da Della Porta, questa vedete è la fontana di Piazza Navona, una delle fontane di Piazza Navona in cui Bernini stesso è intervenuto ma in un momento successivo con il Moro e la fontana, vedete, ha una struttura mistilinea simile a questa qui di Castel Gandolfo, più articolata, c’è una pianta grossomodo quadrata nella quale si iscrivono una serie di forme con parti rettilinee e parti circolari.
Questa per esempio è la fontana dell’Araceli che ha una struttura simile e c’è una parte basamentale con una vasca polilobata e questa è la fontana di Madonna dei Monti sempre Giacomo Della Porta.
Successivamente un altro architetto che si è occupato di numerose fontane romane è stato proprio Carlo Maderno, Carlo Maderno che stava lavorando dagli anni venti, dal 1623, stava lavorando per Urbano Ottavo anche nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, nella progettazione, nella direzione dei lavori del Palazzo di Castel Gandolfo.
Questa è la fontana di Santa Maria Maggiore commissionata a Maderno da Paolo Quinto Borghese.
La forma è molto simile perché Maderno semplifica la struttura Dellaportiana e arriva a una maggiore schematizzazione, la pianta è rettangolare però ci sono degli elementi rettilinei e degli elementi circolari proprio come la fontana di Castel Gandolfo.
Questa invece è praticamente identica a quella di Castel Gandolfo, è la fontana che Maderno realizza per Piazza Scossa Cavalli nel quartiere di Borgo con le grandi demolizioni durante il fascismo viene costruita la spina di borgo, la fontana viene smontata e montata successivamente davanti a Santa Andrea della Valle.
La forma è praticamente identica a quella di Castel Gandolfo.
Quindi io ritengo che dietro la progettazione di questa fontana ci sia una idea di Carlo Maderno, cioè Maderno che era attivo nel Palazzo Apostolico disegna, credo, questa fontana e poi portata a compimento subito dopo, infatti ci sono dei pagamenti per la fontana, uno scalpellino, proprio nel 1630, quindi proprio mentre si stava lavorando al Palazzo Apostolico.
C’è anche da dire che Maderno era morto da poco, ma il pagamento è il saldo di un conto di qualcosa che era stato realizzato prima, la progettazione è sicuramente anteriore e, quindi, credo che i collaboratori di Maderno abbiano poi potuto eseguire la realizzazione materiale della fontana.
Ma c’è un altro elemento molto interessante, anche su questo nessuno si è soffermato, cioè nel balaustro della fontana ci sono dei Serafini e sono presenti gli stemmi di Benedetto Quattordicesimo e del Cardinale Colonna.
Chi era questo Cardinale Colonna? Era Girolamo Colonna Junior che era il cameriere segreto del Papa e Prefetto dei Palazzi Apostolici, quindi è quello che seguiva tutti i lavori di tutte le fabbriche pontificie riferite specificatamente al Papa.
Quindi questa fontana, la tazza e lo stelo furono rifatte, furono restaurate, furono rimesse in opera, sostituite nel settecento, siamo intorno agli anni 1745 circa, poco più, poco meno.
In questo periodo era architetto della fabbrica dei lavori di ristrutturazione sempre del Palazzo Apostolico, l’Architetto Ferdinando Fuga, un altro grande architetto molto importante del settecento romano.
Quindi vedete come sia complessa in fondo la vicenda di questa fontana, la struttura originaria era tutta in travertino perché nei pagamenti del 1630 si parla di travertino mentre mi sembra, perlomeno da quello che si vede, poi il restauro ci potrà aiutare a capire i materiali, che il balaustro sia di marmo e che sia di marmo anche la tazza sovrastante.
Quindi ci sono ben tre personalità, Maderno, Bernini e Ferdinando Fuga legate alla realizzazione di questo manufatto.
Tra l’altro il Fuga aveva adottato delle decorazioni simili nel Baldacchino di Santa Maria Maggiore ispirato a quello berniniano di San Pietro.
Il momento più significativo per la storia di Castel Gandolfo è rappresentato dall’elezione al pontificato Alessandro Settimo, Fabio Chigi, nel 1655.
Fabio Chigi nella sua camera da letto aveva sotto il letto una bara e sul tavolo un teschio perché si doveva ricordare che la vita era effimera, però su un altro tavolo c’era un plastico della città di Roma e lui ogni giorno incontrava Bernini, Borromini, Pietro da Cortona e questi grandi architetti che c’erano a Roma e discuteva, cambiava, spostava le cose perché la sua idea era quella di trasformare Roma nella Capitale europea, mondiale del Barocco e credo ci sia riuscito perché nel suo pontificato che è durato dal 55 e 67, ha realizzato una mole così impressionante di cantieri edilizi che hanno portato effettivamente a una trasformazione di Roma in quello che oggi noi vediamo, andando da Piazza San Pietro a Piazza del Popolo, alla sistemazione di tutta Via del Corso eliminando manufatti che c’erano lungo il percorso rettilineo, Piazza Colonna, Santa Maria della Pace, Sant’Andrea della Valle e tantissime chiese e interventi.
Anche quando interveniva poco, comunque lui metteva lo stemma Chigi, per cui Roma è totalmente “chigizzata”, ci sono questi stemmi Chigi dappertutto e sembra che Alessandro Settimo abbia fatto Roma, ma non è in questi termini, però è intervenuto un po’ dappertutto, tanto ché una celebre pasquinata lo definiva affetto dal “mal della pietra”, equivocando sul fatto che lui soffriva di calcoli, infatti è morto di calcoli, però era appassionato soprattutto di architettura.
Bernini naturalmente non era più giovane quando è venuto a Castel Gandolfo e aveva uno stretto rapporto di amicizia con Alessandro Settimo che è documentato dal suo diario, perché Alessandro Settimo ha scritto prima da Monsignore, poi da Cardinale, poi da Segretario di Stato e poi da Papa, ogni giorno scriveva quello che faceva, tutte le persone che incontrava, tutte le opportunità e questo diario è straordinario, è una fonte di informazioni incredibile che ha consentito degli studi più recenti da quando è stato pubblicato, negli anni settanta, di conoscere, di capire molti aspetti che riguardano Roma e riguardano anche Castel Gandolfo, le fabbriche di Castel Gandolfo.
Questi sono dei grafici che Alessandro Settimo commissionò allo Iacovacci che era il suo maestro delle strade, si vede qui una veduta di Castel Gandolfo che è divisa in tre sezioni: come era il Palazzo Apostolico prima degli interventi di Alessandro Settimo, quindi dopo gli interventi barberiniani, c’è una pianta anche molto interessante che anticipa le trasformazioni urbanistiche Alessandrine, anche questo progetto.
Questa è una veduta zenitale, a volo d’uccello, questi grafici si trovano a Ariccia perché una parte del materiale dell’archivio Chigi è rimasto nel Palazzo Chigi di Ariccia, quindi i grafici sono accompagnati anche dalle descrizioni dei principali feudi dei Castelli Romani perché Alessandro Settimo aveva un particolare interesse su questo territorio.
Qui vediamo uno dei primi progetti di Felice Della Greca che riguarda il Palazzo Apostolico e l’ampliamento del Palazzo Apostolico perché Bernini si occupa…, Felice Della Greca era uno dei collaboratori di Bernini come anche Mattia De Rossi che lavoravano alle dipendente del Bernini, erano suoi allievi.
Questi sono altri elaborati progettuali, qui si vede il Palazzo dopo la sistemazione di Alessandro Settimo, in particolare, qui siamo sulla piazza, Bernini si occupa della facciata quindi ristruttura la facciata, mette anche quelle grandi iscrizioni che noi vediamo, realizza la loggia centrale, mette anche l’orologio con quel fastigio in alto e poi realizza l’ala verso mare, verso l’Appia con la così detta Galleria di Alessandro Settimo.
Alessandro Settimo era molto bravo anche nel promuovere quello che faceva, cioè gli piaceva realizzare ma anche fare conoscere a tutti quello che aveva realizzato, quindi coniava delle medaglie poi commissionò una serie di pubblicazioni con delle incisioni che illustravano tutte le fabbriche che lui aveva realizzato e anche qui nel territorio dei Castelli Romani e a Castel Gandolfo, si vede che il Palazzo Apostolico è stato trasformato, sono state sopraelevate le mura, è stato riempito di merli, di merlature perché voleva conservare questo aspetto fortificato turrito del Castello.
Qui il fronte verso il lago, con la costruzione della Chiesa di San Tommaso da Villa Nova, qui Bernini realizza due chiese perché praticamente la Chiesa di San Michele che era la vecchia chiesa medioevale rimase inglobata all’interno del Palazzo Apostolico e successivamente fu demolita, l’oratorio di San Nicola che si trovava al posto dell’attuale Chiesa di San Tommaso da Villa Nova e che serviva per il culto locale anche esso fu abbattuto; ma Alessandro Settimo nella parte prospiciente il lago, quindi sotto le fondazioni della Chiesa, ha realizzato l’oratorio di San Nicola e Michele, cercando di recuperare il culto di questi due santi.
Queste incisioni di Giovanbattista Falda, vedete la situazione della piazza con la costruzione della Chiesa di San Tommaso da Villa Nova e il Palazzo Apostolico con l’elemento centrale che poi Bernini stesso ha ulteriormente ampliato pochi anni dopo, queste incisioni siamo intorno al agosto 65, 67 e la fontana la vedete bene al centro della piazza e si vedono anche le iscrizioni che ancora sono presenti.
Questa loggia è stata sopraelevata con la loggietta delle benedizioni e l’orologio centrale.
Qui c’è il riferimento dei Papi a Castel Gandolfo, quindi Paolo Quinto Borghese che fu il primo che poi portò l’acqua a Castel Gandolfo, Urbano Ottavo e Alessandro Settimo e questo è lo stemma Chigi.
Poi numerosi altri sono gli interventi berniniani a Castel Gandolfo, per esempio questo portale che fu attribuito a Bernini da Maurizio Fagiolo dell’Arco che è stato mio Professore, mio amico, per motivi stilistici e diciamo che il diario di Alessandro settimo lo conferma perché c’è un passo in cui lui dice, discute con il Papa proprio per il portale, per il disegno del portale dei giardini.
Ci sono delle analogie stilistiche evidenti, vedete il fastigio, qui siamo a Porta del Popolo che Bernini disegnò sempre per Alessandro Settimo è praticamente identica, questa invece è la fontana dell’Acqua Acetosa, anche qui la determinazione in alto è la stessa.
Questi sono dei disegni di Bernini che si trovano dalla Biblioteca Apostolica Vaticana, l’archivio Chigi, che riguardano invece la Chiesa di San Tommaso da Villa Nova; Bernini adotta un impianto centrale a croce greca con dei bracci molto stretti perché aveva dei limiti di spazio, quindi non poteva allargarsi molto.
Questo è lo studio per la facciata e in un primo momento, questo è un prospetto laterale, Bernini non riteneva di mettere una cupola sopra la chiesa ma semplicemente un tiburio c’è un aneddoto molto interessante perché Bernini nel 1665, quindi pochi anni dopo, viene chiamato da Luigi XIV in Francia per la progettazione del Louvre e durante questo viaggio in Francia Bernini era accompagnato da Messier De Chantelou che era un nobile francese che seguiva giornalmente Bernini, registrava tutto quello che Bernini diceva, il Diaro dello Chantelou è veramente una fonte di informazioni straordinaria perché è proprio Bernini che parla e lui trascrive tutto e Bernini dice che va a visitare una chiesa dei Teatini e dice “Quando voi metterete la cupola la chiesa sembrerà molto più grande, perché io a Castel Gandolfo ho fatto la stessa cosa”, ci fu una visita, dice il Bernini, del Paca con un Cardinale e questo Cardinale obiettò che la chiesa era troppo piccola, allora Alessandro Settimo ascoltò questo suggerimento e disse “Sì, provvederemo” e Bernini si limitò semplicemente a mettere la cupola.
Quindi qualche anno dopo il Cardinale è ritornato con il Papa, è entrato, dice “Ah, bravi, vedo che l’avete proprio allargata bene questa chiesa” e il Papa però che…, a Bernini piaceva scherzare ma al Papa che era un uomo di integrità, dice “No, in realtà non l’abbiamo allargata, abbiamo messo soltanto la cupola”.
Infatti vedete in questo altro disegno Berniniano c’è già la cupola, questo è l’intervento della chiesa sempre incisione del Falda e poi le medaglie perché questa prima medaglia quando addirittura ancora non c’era l’intitolazione a San Tommaso da Villa Nova ma a San Nicola; successivamente nel novembre del 1658 Alessandro Settimo canonizza San Tommaso da Villa Nova, Santo Spagnolo Arcivescovo di Valentia e la Chiesa cambia intitolazione e viene dedicata appunto a San Tommaso da Villa Nova, questa è una seconda medaglia e questa è una terza medaglia finale per la facciata verso il lago.
La Chiesa come si presenta oggi, lo stemma di Alessandro Settimo, Chigi – Della Rovere, e l’intervo con la cupola Berniniana e gli stucchi sono stati realizzati da Antonio Raggi che era collaboratore di Bernini, era un po’ l’altereco del Bernini nella scultura, tra l’altro Antonio Raggi sposò una donna di Castel Gandolfo, ebbe dieci figli e veniva continuamente a Castel Gandolfo finché cadde da una carrozza, si fece male, ma era abbastanza anziano.
Antonio Raggi quindi si occupò di tutti gli stucchi, sia i pennacchi con gli apostoli che la raffigurazione sulla cupola con degli ovali, con i momenti della storia di San Tommaso da Villa Nova.
L’altare maggiore contiene invece una pala di Pietra Cortona che era rivale di Bernini, infatti Alessandro Settimo nel suo diario riporta, c’è un passo molto curioso, dice “Non veda Bernini quello che ha portato Pietro da Cortona e non veda Pietro da Cortona quello che fa Bernini”, quindi li riceveva separatamente, però qui a Castel Gandolfo a un certo punto si incontrano tutti e tre, vanno a vedere la pala perché naturalmente Pietro da Cortona aveva lavorato a studio, quando si tratta però di montare la pala Pietro da Cortona volle assistere al montaggio che è una cosa molto delicata perché vedete gli Angeli in stucco si sovrappongono alla pala e, quindi, Pietro da Cortona assiste al montaggio e fa anche dei ritocchi finali sulla pala, viene pagato quattrocento ducati che è una somma ingente direttamente dal Papa, Alessandro Settimo gli dà i soldi direttamente lui.
L’altra pala di Giacinto Geminiani raffigura l’apoteosi di San Tommaso da Villa Nova, questo è uno dei disegni preparatori e la pala di Guglielmo Cortese detto il Borgognone che rappresenta invece l’assunzione della Vergine, questo è l’altro disegno preparatorio.
Poi naturalmente gli sono gli arredi sempre legati a Bernini, questa era Castel Gandolfo come era dopo i lavori di Alessandro Settimo, sono le immagini più recenti, siamo nei primi del novecento e arriviamo a oggi con la situazione attuale.
Grazie.